martedì 31 luglio 2012

Vendo tutto


Circa 370 miliardi di euro di immobili. Nonostante le privatizzazioni degli anni ’90 il valore del patrimonio dello Stato Italiano rappresenta un serbatoio cui attingere per ridurre il peso del debito pubblico.


Il governo più delegittimato della storia repubblicana ha annunciato un piano di dismissioni per fare cassa. Ovviamente lo fanno con il solito linguaggio incomprensibile ai più; infatti da Berlino, alla consegna del Responsible Leadership Award, Mario Monti dichiara:


Abbiamo predisposto veicoli, fondi mobiliari e immobiliari, attraverso i quali convogliare in vista di cessioni, attività del settore pubblico, prevalentemente a livello regionale e comunale.


Siccome non ci ha capito niente nessuno, SuperMario precisa meglio:


Non solo non escludiamo la cessione di quote dell’attivo del settore pubblico, ma la stiamo preparando e presto seguiranno degli atti concreti.


Insomma si ta preparando la cessione di servizi quei pubblici locali e municipalizzate che hanno sul mercato valutazioni piuttosto vantaggiose. Il trionfo di decenni di cultura e pratica della privatizzazione selvaggia di tutto ciò che è patrimonio comune, nell’ottica di svendere la parte buona della società e passarla nelle mani dei soliti speculatori.


Nel frattempo molti piccoli comuni, strangolati dai tagli, vendono il loro patrimonio immobiliare. E’ il caso di Basiglio (MI) che inizia vendendo gli  alloggi comunali destinati alle famiglie in difficoltà e prennuncia che sono a rischio trasporto pubblico, mensa scolastica, asilo nido, assistenza ai disabili e fondi per i servizi sociali. Ecco dove colpisce la Spending Review.


Vendere i gioelli di famiglia quando si hanno dei debiti è una soluzione che poteva andare bene per la mia povera nonna, non per un governo di tecnici dal quale ci si aspetta una cosa più articolata di un “vendo tutto”.


Democrazia Diretta subito!


 


Vendo tutto

lunedì 30 luglio 2012

Chiude il tribunale di Urbino


Non passa giorno senza l’annuncio di nuovi tagli, chiusure, eliminazione di servizi. Si parla di chiudere uffici postali nei piccoli centri, ospedali con pochi posti letto, anche qualche tribunale è nel mirino. Un lettore chiede un commento sulla prevista chiusura del Tribunale di Urbino. La risposta è che quando si chiudono i palazzi in cui vive la giustizia e lo stato, se ne và un pezzettino di giustizia e di stato.


Come facevo notare tempo fa, siamo talmente abituati a cedere ogni giorno una fettina di quello che è patrimonio comune, che ormai non ce ne accorgiamo più. E’ evidente che chiudere un tribunale significa creare gravi disagi per chi non vive nelle zone urbane. Altrettanto evidente è che questo ennesimo scempio ai danni della popolazione verrà perpetrato giustificandolo con una volontà di risparmio che alla fine dei conti non verrà affatto raggiunta.


L’accorpamento con il tribunale di Pesaro probabilmente comporterà conseguenze pesantissime. Siamo certi che il tribunale di Piazzale Carducci abbia la struttura, i mezzi e il personale per reggere l’accorpamento con il Foro di Urbino? Siamo sicuri di non andare verso problemi la cui soluzione sarebbe difficile da gestire oltre che dispendiosa in termini economici e di tempo?


Non sono un tecnico, ragiono con la mentalità di un cittadino che chiede servizi commisurati allo sforzo contributivo che ci viene chiesto. Chi versa allo stato oltre il 55% del proprio stipendio avrà pure il diritto di capire dove vanno a finire i propri soldi.


Concludo con una provocazione: se la giustizia si amministra in nome del popolo (Art.101 Cost.), perchè non chiedere al popolo se vuole che venga chiuso un tribunale?


Democrazia Diretta subito!


 


Chiude il tribunale di Urbino

sabato 28 luglio 2012

Cogito ergo protesto

Cosa hanno in comune un cittadino residente a Muraglia e un imprenditore della cintura pesarese?

Cercano di far valere i loro diritti inascoltati per troppo tempo da un’amministrazione poco sensibile ai problemi di pochi.


Se non rappresenti un gruppo di almeno mille persone non vali niente perchè non sposti voti. Tutto si riduce ad una contabilità elettorale per cui un gruppo ha più o meno ascolto in base al consenso che riceve, mai in base alla bontà delle proposte o richieste.


Leonardo Carnaroli, si è incatenato al ponte sul Genica in zona Muraglia per richiamare l’attenzione del Comune su una situazione potenzialmente dannosa per la salute nel quatiere in cui abita.


Andrea Busetto, più noto ai pesaresi per una lodevole iniziativa di distribuzione di latte crudo che non ha riscosso il successo che meritava, decide di iniziare uno sciopero della fame per chiedere alla Provincia interventi su un terreno in frana in località Montecalvo in Foglia. Ha scelto come luogo della protesta una piazzetta che ci è cara in quanto luogo simbolo della protesta democratica: la Statua d Pasqualon, davanti alla quale ci siamo riuniti in questi mesi.


Rimando alla lettura degli articoli comparsi sulla cronaca locale per entrare nel merito delle richieste di questi due cittadini che hanno deciso di non abbassare la testa. Due teste pensanti senza dubbio, che hanno smesso di subire in silenzio ma di  uscire in strada e dire “sono incazzato nero e tutto questo non lo sopporterò più“.


Democrazia Diretta subito!


Cogito ergo protesto

venerdì 27 luglio 2012

Onorevoli portafogli

Entrare in Parlamento è un affare: oltre 16mila euro al mese, escluse spese di rappresentanza.  La cifra risulta nel rapporto della commissione Giovannini (Presidente ISTAT) incaricata a inizio 2012 di confrontare le retribuzioni di membri delle istituzioni e di organi della Pubblica amministrazione con gli omologhi di sei Paesi europei. Deputati e senatori italiani sono meglio pagati dei loro colleghi: i francesi percepiscono 13.500 euro/mese, i tedeschi 12.600, gli olandesi 10.000, fanalino di coda gli austriaci con 8.640 mensili.


I CONTI DELLA SERVA

I dati vanno verificati, ma da una ricerca in rete risulta che un deputato italiano incasserebbe ogni mese:


  • 11.283 euro lordi mensili come indennità parlamentare (11.555 euro ai senatori)

  • 3.503 euro come diaria/indennità di residenza

  • 1.331 euro per il trasporto

per un totale di oltre 16.000 euro, a cui vanno sommati:


  • 4.000 euro esenti da imposta (4.180 ai senatori) per le spese di segreteria e rappresentanza

  • 3.098 euro per le spese telefoniche (4.150 ai senatori)

  • Libera circolazione su treni, autostrade, navi e aerei

  • Assegno di fine mandato: Il deputato versa mensilmente, in un apposito fondo, una quota del 6,7 per cento della propria indennità lorda. Al termine del mandato parlamentare, il deputato riceve l’assegno di fine mandato, che è pari all’80 per cento dell’importo mensile lordo dell’indennità, per ogni anno di mandato effettivo (o frazione non inferiore ai sei mesi).

MA CI FACCIA IL PIACERE…

Sembra una barzelletta ma in una intervista del dicembre scorso, Lamberto Dini si lamentava degli scarsi emolumenti.


“La verità è che, contrariamente a quanto scrive qualcuno, le retribuzioni onnicomprensive nette (quindi non solo l’indennità, ma anche la diaria e i compensi accessori), dei deputati e senatori italiani sono gia’ oggi, anche in virtù delle riduzioni già decise nei mesi scorsi, al di sotto della media delle analoghe retribuzioni dei colleghi europei che, appunto, rappresentano la media dei compensi attribuiti prima del 2008 ai singoli parlamentari nazionali. E’ quello può bastare, senza dover fare ulteriori studi”.


(ADNKRONOS)


I dati forniti dalla commissione Giovannini questo non confermano affatto le dichiarazioni di Dini a cui obiettiamo che gli stipendi dei lavori italiani sono ben sotto la media europea ma nessuno si è scandalizato. I nostri onorevoli paperoni comunque, non perdono un’occasione per rimarcare la differenza tra noi e loro.



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